Wine Experience
Dalla redazione
lunedì 13 ottobre 2014

Esplorazioni modenesi

Cronaca di una visita nelle terre del lambrusco

Francesco Mancini


Il mondo del vino è dinamismo, curiosità, essere pronti a girare, visitare, esplorare  posti nuovi e respirare il profumo dei vitigni e l’umidità delle cantine. L’11 ottobre quarantuno sommelier e aspiranti tali del bellunese, come dei novelli “esploratori” si sono dati appuntamento alle prime luci del mattino per raggiungere Modena e dintorni.
Il programma era quanto mai ambizioso e articolato: Cantina Cleto Chiarli, che ha reso grande il nome del lambrusco nel mondo, passando anche per l’affiliata Cantina Santa Croce e finendo nel pomeriggio con la visita al museo dell’aceto balsamico a Spilamberto, sempre in provincia di Modena.
Arriviamo in mattinata alla Cantina Santa Croce dove degustiamo i prodotti dell’azienda, primo fra tutti l’autoctono pignoletto, prima degustato nella versio-ne frizzante, in cui si esalta la piacevole freschezza, poi nella versione ferma, in cui emerge un’ottima sapidità ed eleganza. 
Ci spostiamo quindi all’azienda madre Cleto Chiarli: ci fa da Cicerone il direttore commerciale Pierangelo Martinelli, guidandoci tra i vigneti prima e nella cantina poi. A pranzo il menù è quanto di meglio ci si possa aspettare dalla tradizione emiliana: gramigna al ragù, riso con il radicchio, rucola e grana finendo con lo gnocco fritto e gustosi affettati, il tutto naturalmente abbinato magnificamente con i vini aziendali a partire dal Premium, vero cavallo di battaglia dell’azienda, prodotto la cui freschezza e mineralità tengono testa e si sposano con i piatti proposti e poi Vigneto Cialdini ed il Lambrusco del Fondatore, dedicato proprio a quel Cleto Chiarli che nel 1860 diede vita all’azienda.
La delegata Nicoletta Ranzato, al culmine dell’atmosfera festosa, consegna in segno di ringraziamento e per un futuro gemellaggio, il libro della provincia di Belluno a Carlo Felice Chiarli, fratello di Stefano: applausi e sorrisi concludono la visi-ta all’importante Cantina modenese.
E’ ora di riprendere il pullman perché, prima di fare ritorno a Belluno, non pos-siamo perdere la visita all’acetaia e al museo dell’Aceto balsamico tradizionale di Spilamberto. La visita in un’acetaia è un’esperienza da provare una volta nella vi-ta: il profumo del mosto cotto e aceto pervadono l’aria; le botti, vere e proprie opere d’arte, compongono le batterie e conservano, evolvendo con un procedimento antichissimo, quello che poi diventa un nettare prezioso da centellinare: due gocce appena possono cambiare la storia di un piatto.
L’assaggio in cui ci guida il Maestro è sicuramente la ciliegina sulla torta della visita: proviamo prima un aceto invecchiato dodici anni, un cucchiaino risveglia tutti i sensi, e poi il top, venticinque anni, talmente denso e strutturato da la-sciare senza parole.
Al rientro si respira un’aria di sincera soddisfazione; gli organizzatori della de-legazione bellunese si rilassano vedendo i quarantuno “esploratori” soddisfatti delle loro scoperte, dei posti affascinanti e della genuina ospitalità della fami-glia Chiarli, dell’accompagnatore Pierangelo Martinelli, della guida e del Maestro al museo dell’Aceto balsamico tradizionale: persone accoglienti e di una sana umil-tà, consapevoli della bellezza e delle risorse delle loro terre e bravi a trasmet-terle senza spocchia o narcisismo ma con l’intento di far sentire il visitatore uno di loro. 

 

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