Martina Bianco
Si è svolta nella serata di giovedì 13 novembre, presso il “Ristorante da Flavio e Fabrizio” a Mirano, una degustazione che ha voluto raccontare le tradizioni di due territori tanto vicini geograficamente quanto unici ed originali per prodotti vitivinicoli: Emilia Romagna e Veneto. Conduttore istrionico della serata, il relatore AIS Dante Brancaleoni ha incuriosito e affascinato i partecipanti, accompagnandoli alla scoperta di vitigni pressoché sconosciuti, e alla riconsiderazione di vitigni noti, capaci di trasmettere grandi emozioni se sapientemente lavorati.
La prima degustazione della serata ha visto duettare il prosecco della Marca trevigiana con il cosiddetto “prosecco della Romagna”: due spumanti Extra Dry che raccontano di territori, vitigni e tecniche differenti.
Il “Divo”, dell’azienda La Sabbiona, viene prodotto da un vitigno, il famoso, abbandonato agli inizi dell’800, e ritrovato qualche decennio fa ai confini con l’Umbria. Vino che, in degustazione, ha colpito per la sua interessante espressione aromatica - chiara identificazione del vitigno - che al naso dà sensazioni estremamente piacevoli, forti, quasi rustiche, e regala un finale di erbe aromatiche che invoglia la beva.
Spicca, senza dubbio, una personalità di rilievo, che rischia di sminuire, nel confronto, quella del secondo vino in degustazione, un Prosecco Spumante – Val d’Oca DOC Treviso Extra Dry, dotato, per sua natura, di una struttura più leggera, e che si caratterizza per la finezza e l’eleganza piuttosto che per una corposa struttura.
A Graziano Simonella il merito di aver sintetizzato l’essenza di questo interessante confronto, con l’equiparazione, in chiave bucolica, del Divo ad “un baldanzoso giovanotto di campagna che saltella arzillo” e del Prosecco ad “un signorotto trevigiano che corre lungo le strade della Marca a bordo della sua Maserati”.
Il terzo prodotto in degustazione ha visto protagonista uno dei vini emblema della pianura emiliano-romagnola, il lambrusco. Vino di tradizione millenaria, citato nelle sue opere da Plinio il Vecchio, il lambrusco viene coltivato e prodotto in differenti zone dell’Emilia Romagna: si veste dell’IGT a Parma, si fregia della DOC nel Reggiano, e trova la sua espressione più variegata nel Modenese, in tre differenti tipologie DOC: la Grasparossa di Castelvetro, il Salamino di Santa Croce e la Sorbara.
Il lambrusco in degustazione - l’Otello Nero di Lambrusco 1813 dell’Azienda Ceci (Lambrusco Maestri) - premiato con i cinque grappoli della Guida AIS, può considerarsi una delle sorprese più piacevoli della serata, di caratura tale da aver messo in discussione molti luoghi comuni che ne sottovalutano le potenzialità.
Di colore scuro, impenetrabile, l’Otello Nero presenta al naso le classiche note di viola, di frutti a polpa rossa, note speziate, con una complessità indubbiamente rara per la tipologia a cui appartiene, e una morbidezza tale da definirlo addirittura cremoso; nel finale chiude lungo, con una nota leggermente amarognola, piacevole, balsamica ed una leggera sensazione di liquirizia. In abbinamento è stato proposto un Parmigiano Reggiano 36 mesi.
Interessante è risultato anche il confronto tra il Bursôn ed il più nostrano Ripasso della Valpolicella, vini decisamente più strutturati.
Il Valpolicella Superiore Ripasso DOC della cantina Torre d’Orti si presenta con un colore importante, cupo, al naso spiccano note floreali e di frutta matura, complesso, al palato è fresco, ma è il finale a regalare le emozioni più interessanti, in un gioco che vede contrapporsi note amarognole ed amaricanti alla dolcezza e morbidezza date dall’appassimento.
Il suo “antagonista” emiliano, il Bursôn Etichetta Nera di Longanesi Daniele (IGT), nasce su terreni di pianura caratterizzati da una particolare mineralità. L’appassimento del 50% delle uve contribuiscono a conferirgli un colore praticamente impenetrabile ed una bella struttura, a livello olfattivo note fruttate e caratteri terziari di speziatura e tostatura, sensazioni pungenti in alternanza a talune più dolci, come chiodi di garofano e liquirizia; al palato colpisce il tannino, quasi aggressivo ma di alto spessore, che rimanda al ricordo della radice di liquirizia, permane una nota di tostatura elegante con un finale avvolgente. Vino che si sposa perfettamente con la cucina romagnola, in particolare con i primi piatti di ragù.
Il nostro viaggio virtuale è proseguito con la degustazione di due vini rossi passiti: Il Rubacuori della cantina Poderi Morini, prodotto con uve stramature di Centesimino, ed il Refrontolo Passito Col dal Moìn DOCG della cantina Liessi Giuseppe, da uve Marzemino.
Il nome “Rubacuori” è un tributo affatto meritato allo straordinario equilibrio ed armonia che caratterizza le varie componenti di questo vino, in particolare zuccheri ed acidi. Si susseguono le ipotesi sull’origine del vitigno Centesimino, detto anche sauvignon rosso: alcune ne ravvisano la discendenza spagnola, altre ne collocano le radici in Emilia, nel giardino di una villa a Faenza, per mano di un abile giardiniere che sembra abbia avuto il merito di propagarne la coltivazione.
Il Rubacuori presenta al calice una carica colorante importante, impenetrabile, il colore sfuma dal rubino al viola, è consistente, al naso note di frutta molto matura, confettura, note di cacao, cioccolato, rimanda al ricordo di un noto cioccolatino ripieno di liquore e ciliegia, note di vaniglia e retrogusto di caffè, al palato si caratterizza per l’ottimo equilibrio di acidità e zuccheri, che gli hanno meritato il nome così accattivante.
In chiusura di serata, anche il Marzemino fa mistero delle proprie origini, che sembrano riportare alla Carinzia, da dove, tramite una sorta di “transumanza”, parrebbe essere stato trasportato in Veneto dai Romani attraverso la via Emilia.
Al naso, il Refrontolo passito presenta note di vinosità, di frutti rossi sotto spirito, e al sorso regala un buon bilanciamento fra acidità e zuccheri.
Si tratta di due vini molto diversi tra loro per vitigni, territorio e, non da ultimo, per livello strutturale.
Questa loro diversità si palesa indiscutibilmente in fase degustativa, laddove il Rubacuori risulta più inebriante a livello olfattivo, il Refrontolo regala un finale più lungo al palato.
La ciliegia rappresenta il tratto comune ad entrambi, pur trattandosi di ciliegia matura, sotto spirito, attorniata da note di cioccolato amaro nel primo, e di una ciliegia fresca, in fase di maturazione e succosa nel secondo.
L’abbinamento proposto per il Rubacuori è duplice: la “ciambella distesa” emiliana come dessert, e, in omaggio alla stagione, il Formaggio di Fossa di Sogliano al Rubicone accompagnato da due gocce di aceto balsamico tradizionale.
Una serata che ha saputo trarre dal confronto delle rispettive tradizioni le eccellenze che ogni terroir, accompagnato dalla mano sapiente dell’uomo, sa elargire.