Michela Aru
C’è un vino bianco italiano che ha vissuto più vite, più stili e più epoche, senza mai perdere il legame con la propria terra. Parliamo del Soave, che prende il nome dall’omonimo borgo medievale la cui rocca domina le dolci colline orientali veronesi, ai piedi dei Monti Lessini.
A lungo sottovalutato e spesso travisato da una produzione industriale che ne ha banalizzato il profilo, il Soave vive da qualche tempo una nuova stagione; una stagione fatta di ricerca territoriale, di precisione vitivinicola, di cru collinari e sorprendente longevità. Ecco perché, in vista del prossimo appuntamento con l’alta formazione di AIS Veneto Soave – The Elegance is White di lunedì 8 settembre, proponiamo un approfondimento per leggere con maggiore consapevolezza le sfumature di questa eccellenza veneta.
Il territorio del Soave ha una vocazione vitivinicola antichissima. Già in epoca romana, le colline a est di Verona erano note per la produzione di vino, lungo il tracciato della via Postumia. Nel Medioevo, poi, la coltivazione della vite inizia ad assumere un ruolo strutturale nell’economia locale grazie al lavoro dei monaci e alle famiglie feudali residenti in queste colline.
A partire dal Rinascimento, il vino prodotto nel territorio di Soave si fa apprezzare per la sua finezza e freschezza. Documenti d’archivio riportano come già nel XVII secolo il vino bianco di Soave venisse esportato via fiume verso Venezia, dove godeva di una reputazione superiore ad altri bianchi veneti per la sua eleganza e la capacità di conservarsi durante il trasporto.
Il XIX secolo segna una nuova fase di consolidamento. I primi trattati locali parlano di vini bianchi fermi e dolci di pregio provenienti da queste colline, e la garganega si impone come varietà di riferimento. Già allora si distingue una viticoltura di collina più qualitativa, rispetto a quella di pianura destinata al consumo quotidiano.
È però nel XX secolo che il Soave esplode davvero sul mercato. Negli anni ‘60 e ‘70 diventa uno dei vini italiani più esportati al mondo, semplice e immediato. Un successo commerciale enorme che, però, porta con sé anche un prezzo da pagare: l’aumento delle superfici vitate in pianura e l’omologazione dello stile finiscono per appiattirne l’identità.
A partire dagli anni ‘90, e in modo ancora più deciso nel nuovo millennio, si assiste a una rinascita culturale e qualitativa. Grazie all’impegno di molti produttori, il Soave torna a essere vino di territorio: si lavora sui suoli vulcanici e calcarei delle colline, si vinifica per parcelle, si valorizzano le vecchie vigne. Parallelamente, si lavora a una nuova mappa: quella delle Unità Geografiche Aggiuntive (UGA), introdotte nel 2019, che riconoscono ufficialmente 33 sottozone vocate e riconoscono il Soave come un mosaico di microterritori, ciascuno con la propria espressione.
Parlare di Soave significa parlare di una delle prime DOC italiane (Soave DOC, 1968) e di una delle principali denominazioni di vini bianchi fermi per ettari vitati. Ricordiamo inoltre che il Recioto di Soave è il primo vino veneto a conquistare la DOCG, nel 1998. Rimanendo sul Soave, la denominazione si sviluppa a est di Verona e abbraccia 13 comuni distribuiti tra le valli dell’Illasi, Tramigna e Alpone, con suoli differenti che alternano banchi vulcanici, tufacei, basalti, argille e calcari.
Soave DOC
Viene prodotto principalmente nelle aree di pianura con suoli alluvionali e rese più elevate. Sia fermi che frizzanti, i Soave DOC sono vini leggeri e immediati, floreali, freschi e adatti al consumo giovane.
Soave Classico DOC
È il cuore storico della denominazione, definito nel 1927, e comprende le colline dei comuni di Soave e Monteforte d’Alpone. Qui, i suoli di origine vulcanica danno vini più ambiziosi e dalla personalità più spiccata.
Soave Colli Scaligeri DOC
Quella dei Colli Scaligeri, disposta a ferro di cavallo attorno al Soave Classico, è una sottozona di valorizzazione più recente, ma altrettanto pregiata. Anche qui, i suoli sono principalmente di origine basaltica.
Soave Superiore DOCG
Massima espressione qualitativa del terroir, più strutturati e intensi, questi Soave sono prodotti principalmente nelle zone del Classico e del Colli Scaligeri, con rese inferiori e una particolare vocazione all’evoluzione in bottiglia.
Protagonista indiscusso del Soave, il garganega è un vitigno autoctono che rappresenta qui almeno il 70 % dell’uvaggio, nei migliori casi vinificato in purezza. Fuori dal Soave, queste uve sono contemplate nelle denominazioni Recioto di Gambellara DOCG, Colli Euganei DOC, Colli Berici DOC e Vicenza DOC.
Ha dei corrispondenti genetici nel grecanico dorato in Sicilia e nella malvasia di Manresa spagnola, ed è imparentato - tra gli altri - con il trebbiano toscano, il catarratto, il montonico, l’albana e la malvasia bianca di Candia.
È una varietà a maturazione medio-tardiva, con buccia spessa e buona resistenza alla botrite. Al naso esprime note di fiori bianchi, frutta a polpa gialla, erbe aromatiche e mandorla, mentre in bocca alterna grande freschezza a una piacevole sapidità. Una sua cifra stilistica è il finale ammandorlato, specialmente evidente nel Soave Superiore DOCG.
A seconda della composizione del suolo su cui viene allevato, il garganega cambia volto. Sui terreni vulcanici emerge una spinta minerale, con tratti fumé, struttura più piena e potenziale evolutivo. Su quelli calcarei o sedimentari, il profilo è più floreale, sottile, lineare, con acidità vibrante e maggiore immediatezza.
Per comprendere davvero ciò che il Soave ha da dire servono informazioni tecniche, confronto diretto e capacità di lettura del bicchiere. È questo lo spirito della masterclass organizzata da AIS Veneto nell’ambito di Appuntamento Soave 2025, l’evento organizzato dal Consorzio di Tutela Vini Soave presso il Circolo Ufficiali di Castelvecchio, Verona.
I vini Soave si esprimono attraverso le sfumature: di suolo, di esposizione, di stile produttivo. Dietro l’apparente semplicità di un bianco dal profilo elegante, si nasconde una complessità che merita un ascolto consapevole: la masterclass di AIS Veneto vuole offrire gli strumenti per farlo. Non si tratta dunque di una semplice sequenza di assaggi, ma di un’occasione per confrontare territori e interpretazioni, per farsi guidare da chi il Soave lo conosce bene e per ragionare sulla sua evoluzione e sul suo ruolo nel panorama dei grandi bianchi italiani.
Masterclass riservata ai soci AIS: dettagli e iscrizioni alla pagina dedicata nella sezione “Esperienze” del sito aisveneto.it.