Wine Experience
Dalla redazione
giovedì 19 febbraio 2015

Vini dell'Etna, un po' prima della luna

La delegazione di Verona ha presentato una degustazione vulcanica. Ospite d'eccezione il produttore Ciro Biondi.

Matteo Guidorizzi


Con un po’ di ironia potremmo chiamarli fire wines, il contrario degli ice wines, vini prodotti sulle pendici del vulcano Etna, 3300 metri di rocce sputate fuori per millenni dall’abomaso senza pace del nostro pianeta.

Pietro Caravello, delegato AIS di Messina, e Ciro Biondi, vigneron etneo, hanno spiegato, in una serata molto interessante per soci AIS Verona, la molteplicità e le diversità tra i vini dell’Etna dovute, oltre che a differenti esposizioni ed altitudini, al fatto che non si tratta di un vulcano unico, ma un “sistema” tutt’ora attivo con un cono principale ed intorno diverse bocche eruttive più piccole che ogni tanto ripartono o si formano ex novo. Ogni eruzione produce colate diverse per caratteristiche e composizione chimica della lava, a seconda di ciò che in quel momento passa nel ventre magmatico del gigante di sotto. Perciò le vigne su una colata del 1600 hanno terreno diverso da quello di una colata del primo secolo a. C. o di 100 mila anni fa. Le vigne stesse, andando con le radici in profondità, spesso attraversano due colate differenti. Gli impianti più recenti sono a spalliera, almeno nei punti dove si possono meccanizzare le operazioni, mentre nelle zone più alte ed impervie troviamo l’alberello, anche fino a 1200 metri di altitudine. Poi comincia la luna.

Ai piedi dell’alberello i produttori scavano un po’ il terreno e tagliano le radici superficiali, spingendo la vite ad andare in profondità: solo così la pianta può meglio cautelarsi dalle variabilità climatiche ed atmosferiche e raggiungere tutti gli elementi minerali che daranno complessità ai vini. Un terreno vulcanico così particolare marca a tal punto il vino che se pianti una vite di cabernet, spiega Ciro Biondi, non è detto che poi il vino sia riconoscibile dal punto di vista organolettico come cabernet. I vitigni storici più comuni sul vulcano sono il Carricante e il Minnella per i bianchi, il Nerello Mascalese ed il Nerello Cappuccio per i rossi. Le vigne spesso sono molto vecchie, centenarie, con produzioni di 40 ql./ha o meno, e quando stanno per morire si fa una margotta, ossia si fa radicare un ramo ancora collegato alla pianta madre, che darà origine ad una vite di piè franco, tanto la fillossera teme come l’insetticida questi terreni vulcanici. Meglio fare in questo modo perché una pianticella del tutto nuova sarebbe “ostacolata” dalle altre piante vicine, che invece riconoscono come familiare la nuova margotta… strana arborea congrega segreta tra piante pioniere in questo luogo fuori dal mondo, un po’ prima della luna.

 

Leggi la degustazione dei vini cliccando QUI.

 

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