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giovedì 31 ottobre 2024

Le sorprese di Dolianova, la più grande cantina di Sardegna

Alberto Costa


 

Sarà forse per compensare la malinconia del cambio di stagione che la memoria mi propone i ricordi più spensierati e felici dell’estate? Non è quindi un caso se, in questi interminabili giorni di pioggia, ho ripensato alla calda e asciutta parentesi vacanziera sarda in cui ho avuto modo di passare per Dolianova, a sud di Cagliari, dove sorge la più grande cantina isolana che dalla località prende il nome. A Patiòlla, nell’idioma locale, il territorio è in parte montuoso e in parte pianeggiante; qui, oltre a 1.200 ha di vigna, dai tempi dei romani è ancor più diffusa la coltivazione dell’olivo che oggi è protagonista con la Cantina Sociale e Cooperativa Olivicoltori del Parteolla – COPAR; non meno importante è la produzione di formaggi ovi-caprini che vede, ad appena 1 km dalla cantina, la sede di Argiolas Formaggi, uno dei più grandi e noti caseifici della Sardegna.

La cantina Dolianova, nata nel 1949 dalla salvifica quanto visionaria unione di 15 produttori, si è trasferita nell’attuale sede nel 1978 ed oggi conta ben 300 soci. Pluripremiata con oltre 500 riconoscimenti, ha impianti dalle dimensioni ciclopiche che garantiscono eccellente qualità: ne sono un esempio gli impressionanti fermentatori Ganimede da 1.000 ettolitri, i più grandi che io abbia mai visto, o la venetissima linea di imbottigliamento Bertolaso che garantisce un ciclo completo d’imbottigliamento in appena 2 minuti con capacità massima di 10.000 bottiglie/ora totalmente automatizzata anche nelle pulizie, una vera chicca che da sola merita la visita. La cantina propone diverse gamme qualitative, costituite da 24 etichette (più gli sfusi), con vini fermi bianchi rossi e rosati, in solo acciaio o affinati in legno, e anche produzioni secondo il metodo charmat e il metodo classico. Il tutto a base principalmente di varietà autoctone dell'isola, ovvero cannonau, monica, nuragus (localmente Àxina de is pòborus), vermentino, nasco, moscato e barbera sarda. Quest’ultima, oltre a essersi aggiudicata il riconoscimento del Tastevin nella Guida Vitae 2024 con lo JÙ 2019, è stata la varietà che più mi ha stupito tra quelle assaggiate, anche nell’espressione del TERRESICI 2019 che ho molto apprezzato nell’assaggio di seguito raccontato e con cui spero di incuriosirvi. Da sottolineare l’ottimo rapporto qualità prezzo di tutta la gamma in produzione.

MONTESICCI Nasco di Cagliari DOC 2023

Prodotto dalle uve allevate sulle colline circostanti la cantina, all’ingresso di Dolianova, è dedicato al paesino di Sicci e fa parte della linea top dell’azienda. Vede solo acciaio nelle fasi di fermentazione e affinamento e questo gli dona un riflesso luminoso brillantissimo nel calice. Invitante e confortevole all’olfatto dalle dolci note tropical e di melone bianco, anguria ed uva spina, esibisce un largo sorso di struttura sostenuto da una mai cedevole e sotterranea freschezza e da una scia sapida che ne esalta il sapore fruttato e dai richiami di salvia.

BLASIO Cannonau Riserva DOC 2017

Altro rappresentante della linea top della cantina, dopo la svinatura vede prima l’affinamento in botti di rovere per sei mesi e quindi un ulteriore periodo di maturazione in vasche di cemento vetrificato. Nel calice ammalia con il suo denso e sinuoso movimento dalle sfumature rubino. Rapidamente portate alle narici dalla componente alcolica, si alternano note di mirto, pepe, rubber – tipica del cannonau – mosto cotto, e tostature dolci. Pieno, rotondo e succoso mette in primo piano il suo affilato tannino rispetto alla sua potenza alcolica, il che me lo fa percepire come un piacevolissimo vino maturo.

TERRESICCI IGT Isola dei Nuraghi Rosso 2017

Non a caso l’appassionato e competente Alessandro, che mi ha guidato in cantina e nella degustazione, me lo lascia sorprendentemente per ultimo nella batteria d’assaggio; ignoravo, infatti, che questa barbera sarda fosse una vera bomba al palato. Dopo la vinificazione in acciaio, nei due successivi mesi completa la malolattica in vasche di cemento vetrificato per quindi affinare circa un anno in barriques di rovere francese. Ne nasce un impenetrabile inchiostro dal languido riflesso violaceo. Potente e inizialmente poco “amichevole”, si rilassa progressivamente avvolgendo le narici in un caldo soffio di macchia mediterranea tra refoli di violetta, ribes e note boisé.  Chi ama un tannino incisivo, che ricorda la parente uva rossa piemontese, non potrà che innamorarsi di questa rarità sarda, che ancor giovane e fresca esprime un sorso di potenza spiazzante dal sapore d’uva e After Eigth.

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