VITTORIA RAIMONDI
Saranno le morbide pendenze delle colline, con sfumature che vanno dal dorato del grano maturo ai toni scuri dei campi appena arati, la sinuosità dei verdi filari di cipressi, o la tranquillità che regna sovrana tra questi borghi d’altri tempi, ma la sensazione principale che si respira arrivando in Val d’Orcia è una sola: relax. E cosa c’è di meglio per rendere onore a questa atmosfera se non andare alla ricerca di qualche chicca enologica?
Ebbene, proprio in virtù del nome che contraddistingue questa cantina, dopo qualche chilometro di strada sterrata articolata tra vigneti e campi a perdita d’occhio, nel cuore di Castiglione d’Orcia, si arriva finalmente: “La Nascosta”.
Architettura moderna e imponente, si sviluppa alle pendici del Monte Amiata, in un territorio estremamente variegato per la composizione del terreno che spazia, dalla marna toscana, all’ardesia, all’argilla, ai carbonati e al gesso. Varietà di terreni che viene raccontata anche attraverso il ricco mosaico di rocce di recupero utilizzate per la costruzione delle pareti stesse della cantina, derivanti proprio dai diversi appezzamenti vitati dell’azienda e che, inevitabilmente, ritroveremo nel bicchiere, donando un’impronta identitaria di grande impatto in tutti i vini.
“La Nascosta” vede la prima vendemmia nel 2018, ma vanta origini ben più radicate nel panorama vitivinicolo, nascendo da un progetto di rinnovamento della famiglia Mastrojanni, nome noto fin dagli anni ’80 per il proprio contributo alla denominazione Brunello di Montalcino. Antonio Mastrojanni e il figlio Luca, sono alla direzione della cantina, la cui struttura è stata progettata dal secondogenito di Antonio, l’architetto Nicola Mastrojanni.
Ed è in questa realtà familiare che nasce qualcosa di veramente unico: le particolari condizioni pedoclimatiche, con 20 °C di escursione termica giorno/notte, una ventilazione costante che si insinua tra le colline e con le piogge contenute grazie alla protezione del Monte Amiata che imponente sovrasta i vigneti, hanno permesso una scelta di vitigni davvero sorprendente. Infatti, oltre agli attesi sangiovese e merlot, ritroviamo sauvignon blanc, petit manseng, chardonnay, gewürztraminer, malvasia, moscato bianco e nero, sapientemente impiegate dall’enologo Gerhard Sanin che riporta la sua esperienza altoatesina a supporto della filosofia innovativa aziendale.
Come ci racconta Alessio Franchetti, responsabile commerciale, la loro parola d’ordine è “qualità” ottenuta dall’elevata densità d’impianto delle viti per permettere la competizione radicale, rese limitate, raccolta manuale dei grappoli e grande attenzione al controllo delle temperature dal campo alla cantina.
Si procede poi con un metodo di microvinificazione “alla francese”, in cui ogni vigna produrrà una singola massa, al fine di selezionare al meglio la materia prima e i lieviti più adatti ad ogni cru. Seguono affinamenti in acciaio per i vini bianchi e in tini di cemento non vetrificato, con follatura e delastage, per i rossi. La bottaia è, invece, corredata da tonneau di legno tedesco della Foresta Nera, molto neutro da un punto di vista organolettico, selezionato dopo attento studio dei legni più adatti all’affinamento di ciascun vino.
Ma eccoci, dunque, alla parte più attesa: la degustazione dell’intera gamma di vini prodotti in questa bellissima realtà che ci permette di ritrovare nel bicchiere tutto quello che finora ci è stato raccontato.