Wine Experience
Dalla redazione
lunedì 11 febbraio 2019

L’anfora che non ti aspetti

Un approccio moderno sull’utilizzo di uno degli strumenti più antichi: l’anfora

Vanessa Olivo


Il pensiero più immediato quando si pensa a vini concepiti con l’uso dell’anfora è quello di prodotti complessi, con colori che virano verso toni ambrati, profumi pervasi da una nota ossidativa e un approccio gustativo molto particolare. Ma ci sono dei produttori che nell’utilizzo dell’anfora si discostano da tutto ciò. Ce lo hanno spiegato in una serata del tutto inaspettata Stefano Cipolato, sommelier del Bistrot de Venise, e Michele Bean, consulente enologico e agronomico nonché ideatore dell’Anfora Sirio. L’impiego dell’anfora nel percorso di vinificazione e affinamento è legato a molti vantaggi, tra i quali: la microssigenazione che da un lato favorisce una maggiore stabilizzazione del colore e dall’altro permette un’evoluzione naturale del tannino, enfatizza le qualità varietali senza alcuna “contaminazione” come invece accade con l’uso del legno e differenzia nel bene e nel male le diverse annate. In particolare l’anfora Sirio, nata dall’incontro tra Michele Bean e Fabrizio Ratti, è stata concepita con l’idea di produrre vini con una maggiore espressione varietale rispetto a quelli concepiti con l’utilizzo dell’acciaio che risultano essere più tesi e nervosi. Se a parole può sembrare strano quanta differenza possa passare tra l’utilizzo dell’anfora piuttosto che dell’acciaio, da un confronto organolettico ciò appare chiaramente.

Iniziamo con l’Azienda Agricola Ronchi – Langhe Doc Arneis 2017, dove la versione Amphoris inizia la fermentazione in acciaio per poi terminarla in anfore di terracotta dove sosta per 8 mesi. In questo campione si avverte una stratificazione di profumi dove spiccano la mineralità marina, note di mandorla e nocciola, leggero sentore agrumato, il tutto condito da una sfumatura di pepe. Al palato grande sapidità. Nel secondo calice, dove troviamo la versione svolta in acciaio, il profilo olfattivo è più contenuto, mentre al palato si avverte maggiore morbidezza e una minore scorrevolezza della beva.

Nel secondo confronto troviamo due campionature dell’azienda Colmello di Grotta, un produttore che abbraccia la filosofia del progetto dell’Anfora Sirio, con il Friuli Isonzo Doc Merlot 2018. La prima campionatura, frutto di una fermentazione in acciaio e successiva sosta in anfora, mostra un colore rosso rubino tendente al granato più compatto mentre dal calice esalano immediati sentori di prugna, visciola, violetta, arancia sanguinella, fiori d’arancio, per proseguire su note minerali e toni ematici, ferruginosi, fino alla liquirizia. Il palato è pervaso da una mineralità piacevole, persistente. Nella seconda campionatura (fermentazione e sosta in acciaio) troviamo un profilo olfattivo più difficile da interpretare, meno immediato. Il sorso ha una maggiore morbidezza, ma esprime una minore verticalità.

Si prosegue con Cascina Vengore – Terre Alfieri Doc Nebbiolo 2016 Mignane (fermentazione e maturazione per 10 mesi in anfora), dove prevale un aspetto roccioso che lascia spazio a un frutto acidulo, mirtillo rosso, accompagnato ad un sentore leggermente agrumato, buccia di limone, bergamotto. Al palato si percepisce un tannino non aggressivo, mentre la persistenza è legata alla mineralità. Nel Terre Alfieri Doc Nebbiolo 2016 Belgardo (fermentazione in acciaio e maturazione per 16 mesi in botti di rovere) emergono toni tostati e balsamici, un deciso sentore ematico e un frutto rosso più maturo che richiama la ciliegia. Il sorso è travolto da un tannino più giovane, più aggressivo e astringente, dovuto anche all’apporto tannico derivante dal passaggio in legno.

Andiamo in Toscana con Fattoria Montecchio – Toscana IGT Priscus 2015, sangiovese 100% vinificato e affinato in anfore di terracotta fatte a mano nell’Antica Fornace Montecchio. Il profilo olfattivo vira su note di ciliegia croccante, fiori di ginestra, pepe. Al palato colpisce per eleganza, il tannino è morbido e la sapidità incalza. Persistente con ritorni di note pepate. Nel secondo calice, quello più tradizionale, troviamo il Chianti Classico DOCG 2015 con profumi che richiamano una ciliegia più croccante del precedente, fino ad un leggero sentore polveroso e toni affumicati. Al palato la sensazione tannica inizialmente è celata, ma poi si avverte un’astringenza gengivale. Finale speziato.

L’impiego dell’anfora non si ferma però solo ai vini. L’ultimo confronto, infatti, coinvolge due distillati della Distilleria Marzadro. In prima battuta scopriamo la Grappa Anfora, un blend di vinacce dei vitigni teroldego, marzemino, merlot, chardonnay, müller thurgau e moscato distillate separatamente, che affina in anfora per 10 mesi. L’intensità olfattiva è garbata e spazia tra profumi di menta, piccoli frutti rossi, bacche di ginepro e buccia di limone. Il sorso è piacevole, morbido e persistente, con ritorni di limone e mentuccia. La seconda grappa è in realtà la precedente prima del passaggio in anfora. Fin dall’analisi olfattiva si avverte che è un prodotto incompiuto, è più chiusa e caratterizzata da un aspetto alcolico più evidente. Il sorso è inizialmente morbido ma lascia subito spazio ad un aspetto più secco.

 

[foto di Bruno Bellato]

articoli correlati
Chablis il "piccolo" principe.
venerdì 19 aprile
Alla scoperta della denominazione più a Nord della Borgogna
Vinetia Top 10
domenica 14 aprile
i 10 migliori vini bordolesi rapporto qualità-prezzo
Il Merlot dei Colli Berici Doc.
sabato 13 aprile
L'EVOLUZIONE IN CINQUE DECENNI
Valdobbiadene eroico & Montello innovativo
lunedì 8 aprile
Visita alle cantine Andreola e Giusti Wine