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Dalla redazione
sabato 9 gennaio 2021

Calice&Penna

Mouton Rothschild 1991: l'abbinamento dei sogni

Stefano Cipolato


Fare il Sommelier di professione ti rende anche consapevole che certi vini, di certe annate e soprattutto con certi prezzi, potrebbero rimanere solo dei sogni. Però mai dire mai, a volte i sogni si avverano.

L’amico Max conservava la bottiglia da chissà quanto tempo. «La prossima settimana pranzo da voi Stefano, me la puoi servire?». L’etichetta portava un po’ i segni del tempo, e chi non li porterebbe con 30 anni in più sulle spalle? Ma ad un Mouton Rothschild GC 1991 penso si possa perdonare. «Caro Max, è sempre un piacere averti qui al Bistrot», e lo sarà ancor di più la settimana prossima, pensai sornione.

Il livello al collo ancora integro. Anche il colore sembra aver tenuto. Posiziono la bottiglia in cantina in verticale per far si che il deposito si sedimenti sul fondo, un ultimo sguardo all’etichetta disegnata dall’artista giapponese Setsuko - su cui in maniera metaforica si racconta la trasformazione da fiore a frutto e infine vino - ma oggi mi sento decisamente più materialista e ansioso di rivedere il mio caro amico Max. E arrivato il giorno fatidico, decido subito di stappare la bottiglia.

Uso allo scopo un cavatappi Durand, dotato di verme e lame, fondamentale per estrarre tappi che potrebbero sbriciolarsi. Perfetto. Rifletto sul fatto che ha la metà dei miei anni e che per farsi rivelare abbia aspettato proprio me. Non lo voglio decantare. Non voglio scioccarlo con una violenta ossigenazione, opto per versarlo delicatamente in unica volta nei sette bicchieri Riedel Cabernet. Uno di questi, ovviamente, è per me. L'annata 1991 non è considerata grandissima. Inverno particolarmente freddo, una gelata in aprile e poi un andamento climatico tutto sommato regolare fino alla vendemmia. Spesso i vini in queste annate non semplici sopperiscono a una struttura leggermente minore con classe e facile beva.

Al visivo il colore dimostra una tenuta sorprendente. Vira quasi completamente al granato, ma è compatto e non dà segni di cedimento, è luminoso e predispone a una integra freschezza. Si muove con giusta aristocratica consistenza, gli archetti scendono con discreta lentezza, sono precisi e incredibilmente ordinati.

Le mie narici aspettano ansiose. Mi gusto questi attimi pensando all'opportunità e a quanto mi piacerebbe condividere questo momento con qualche collega. Il primo naso è timido, sembra nascondersi, poi, piano piano si concede. La prima a rivelarsi è una nota salmastra, di battigia, poi di radici in infusione. Lo aspetto. Ecco apparire la nota fruttata, sono prugne al vino e poi sorprendentemente la nota dolce di caramella dura alla ciliegia. È un risveglio lento e cadenzato, corteccia, ruggine, polvere di caffè, muschio e poi ancora fiori rossi secchi. Ad avvolgere tutto, con delicatezza, una nota speziata di mix di pepi e refoli fresco balsamici. Il messaggio è racchiuso in due sole parole: classe e finezza.

Il palato non sorprende, è come deve essere: avvolgente e appagante. Il tannino è sferico, finissimo, completamente fuso nel corpo del vino. La verve fresca matura e la scia sapida regalano una beva incredibilmente facile e piacevole e un equilibrio praticamente perfetto. Le note fresche e balsamiche chiudono il tutto in un finale giustamente lungo e che reinvita alla beva.


Max è a tavola, i suoi ospiti pure. Il mio sguardo tradisce la mia soddisfazione. «A cosa lo abbino Stefano?», chiede il mio amico. «Non ho dubbi Max», rispondo, «al 2021, sperando sia buono e perfetto come questo Mouton Rotschild».
Cin cin!

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