Alberto Costa
Di questi tempi il film più evocativo è di sicuro “Io sono leggenda” e, come il Dott. Robert Neville, lotterei fino a rimanere “l’ultimo” pur di trovare l’antidoto. Fortunatamente per il mio palato la missione è già compiuta: per trovarlo ho dovuto spingermi fino in Mosel-Saar-Ruwer, oggi conosciuta semplicemente come Mosel.
A Bernkastel-Kues, dove curiosamente il trattino di congiunzione tra i nomi delle singole cittadine sembra rivivere nel ponte che le unisce, l'affascinante ripidità delle vallate definisce il confine del placido e sinuoso fiume; la densità degli impianti lascia a malapena intravedere la tipologia di suolo in cui le viti vegetano. Dal Castello di Landshut è possibile apprezzare i terrazzamenti e l’intreccio dei sentieri battuti dai weinbauer, che richiamano su grande scala le travature in legno delle tradizionali case a graticcio.
Camminando tra i vigneti, che coprono oltre 10.000 ettari della denominazione, è possibile cogliere la grande eterogeneità dei terreni: a mezza costa sono generalmente caratterizzati da grandi presenze di ardesia, intervallate senza soluzione di continuità a matrici calcaree o marnose. Nella parte inferiore - ma in alcuni casi anche lungo tutto il pendio - giacciono terreni più pesanti, dalla maggiore componente sabbioso-limosa o argillosa e più ricchi di humus, quindi più fertili e meno adatti alla vite. L’irregolare andamento curvilineo delle vallate che costeggiano la Mosella è responsabile della forte variabilità nell’esposizione al sole dei vigneti che, assieme alla grande escursione termica giorno-notte, garantiscono alle uve una croccante acidità e una gamma aromatica più unica che rara.
È proprio in una di queste parcelle che nasce l’inarrivabile Riesling Berncasteler Doctor, che ha guarito in sol sorso tante ansie e tristezze del momento. Luminoso e fluente, si muove fulmineo nel bicchiere diffondendo la sua luce paglierina. Naso tropicaleggiante e già ricco di una elegante nota idrocarburica che è una vera calamita per le narici... da perdersi, se non si fosse bramosi di assaggiarlo come il sottoscritto. Sorso irriverente e spiazzante, polarizzato su straordinarie freschezza e sapidità ponderate da carezzevoli morbidezze riconducibili alla piena maturazione (e leggera sovramaturazione) delle uve che lo fanno percepire quasi abboccato. Non ho mai sentito vibrare così il mio frenulo sub-linguale e al contempo ricevere una carezza alla volta palatina: miracoloso! Così come il frutto e la mineralità che al gusto si ripetono all’infinito in un valzer elegantissimo e mai stucchevole.
Questo spätlese rientra di diritto tra i personali wine dream alemanni e, in una serata speciale, ho deciso di sfruttarne le peculiarità gusto-olfattive per abbinarlo ad uno sushi fatto in casa per prolungare ed esaltarne il timbro delicato e speziato dei piatti.
Prosit e il mio più grande in bocca al lupo a tutti i lettori!